“Nell’anno 1084 Enrico IV macchinava la totale
rovina di Matilde gran Contessa di Canossa, che a sostegno della
Chiesa e del perseguitato Pontefice S. Gregorio VII, con mente
virile, dirigeva ben ordinata guerra.
L’imperatore scacciato da Roma dalle armi di Normanno
Roberto, onde Matilde non si accorgesse dei suoi preparativi, avea
segratamente ordinato a principi e Vescovi scismatici di Lombardia
che levassero il maggior numero di gente in armi, per coglierla
all’impensata, onde levarle, insiem con gli stati, la brama di
difendere la Sede Apostolica.
Ma la principessa che tutto ben considerava, di tutto
erasi accorta e dissimulando erasi apparecchiata, onde deludere
l’arte con l’arte.
Quei della lega entrarono nel Modenese con tutte le loro
schiere, guastando ogni cosa e tutto incendiando dovunque passassero.
Ma la Contessa, non punto atterrita, raccolse il maggior
nerbo di truppe che per lei si potessero, e specialmente della sua
fedele Bologna, fidando nell’aiuto di Dio e nella santità e
giustizia della sua causa.
L’esercito nemico aveva per suo capo Oberto Marchese
d’Este e avea nelle sue file i più prodi guerrieri con i Vescovi
scomunicati e scismatici di Reggio Gandolfo e Eberardo di Parma; e
contando sul numero e valore dei suoi procedeva sicuro della
vittoria, non curando punto qual dagli eserciti in guerra si vuole,
con valli e scotto.
Giunti al Castello di Sorbara, il presidio lor chiuse le
porte in faccia, onde all’esterno dovettero quelli attendarsi.
Matilde, frattanto fatti da S. Anselmo vescovo di Lucca benedire i
suoi prodi, mosse nascostamente da Bologna il dì stesso e a Sorbara
pervenne nell’oscurità della notte. Fu attorniato dai suoi il
campo nemico, ordina pronti siano ad assaltarlo, se sentano
gridare: Viva San Pietro! Se niun grido intendano, o nel forte
ritraggonsi o verso Canossa ritirinsi. Tutto così disposto,
essa stessa Matilda fa dal suo cavallo saltare il
fossato e trafiggere di lancia la prima scolta, in pari tempo leva
il grido di assalto: Viva San Pietro!
Si ripete da mille labbra quel grido; sorpresi nel sonno,
i nemici guerrieri non ponno difendersi, i nemici dagli amici per
l’oscurità della notte non sanno distinguere, fra loro
trafiggonsi, quei delle trincee indietro respinti dai soldati di
Matilde, cadono uccisi, e di quel Campo non restano che le
vestigia di un atroce macello: Oberto dopo avere combattuto da prode,
periva, Eberardo Vescovo di Parma con sei capitani e cento fra i più
nobili guerrieri cadea prigione, il Vescovo di Reggio Gandolfo
fuggito ignudo, stette tre dì nascosto in un cespuglio di spine,
sempre temendo il nemico.
Cinquecento cavalli, con ricche bardature, le tende, i
padiglioni, i vasi preziosi, le ricche suppellettili, i tesori del
Marchese d’Este e dei due Vescovi, furono in mano ai vincitori.
Sull’albeggiare Donna Matilda fè suonare a raccolta,
e si accorse ben contenta che dei suoi pochi mancavano, e pochi
erano feriti.
Rese pertanto le debite grazie al Signore, visto che le
guerre avean desolato la Chiesa Parrocchiale di Sorbara in allora
di San Vincenzo o S. Agnese, la fece riedificare a sue spese forse
anco dotandola di quegli antichi beni della cui donazione non
trovasi memoria alcuna”, nell’Archivio.
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